Foggia, un centrocampo che non t’aspetti. Qualità e quantità. E Rocca torna ad essere “normale”

Nell’articolo di ieri abbiamo stilato un piccolo report sui primi riscontri dell’attacco rossonero. Ma, nel Foggia di Zeman 4.0, sono stati molti gli spunti emersi anche dal reparto mediano.

Premessa: leggendo e sentendo qua e là, parrebbe di trovarvi luci e ombre. Io ho visto più le prime che le seconde. E queste ultime, a mio parere, riservano subito una piccola sorpresa. Se infatti devo pensare ad uno un po’ più in ritardo nell’inserimento nelle logiche del Maestro, dopo le prime due di campionato il pensiero va a Michele Rocca. Ovvero la più plaudita conferma (con quella, successiva, di Curcio) tra le 4 pervenute dalla scorsa stagione. Ho l’abitudine di stare attento ai tocchi che ciascun giocatore fa. Rocca, in questa categoria, è tante “tacche” avanti tecnicamente ma (a volte) fa (ancora) troppi tocchi prima di darla. Dei centrocampisti visti in azione domenica, è quello che ha fatto scorrere la sfera meno velocemente nelle trame di gioco, pur buttandone raramente via: segno che è tutt’altro che un problema tecnico, bensì proprio di mentalità e abitudine ad un certo tipo di calcio meno rapido, meno verticale, più manovriero che zemaniano. L’anno scorso spiccava proprio per queste sue caratteristiche (in un reparto mediano costruito su onesti pedatori o poco più ma in un contesto agonistico da “sangue e arena”). Quest’anno (finora, ovviamente) è il contrario.

Anche perchè quest’anno a centrocampo la cifra tecnica sembra molto cambiata, con diverse sorprese che stanno profilandosi gara dopo gara. Contro i lucani, per il sottoscritto quella di giornata si è incarnata nell’ex leccese Sergio Maselli: poco convincente da mezzala col Monterosi (sofferente sul pressing spietato dei laziali nel primo tempo), nella casella da play è emerso un giocatore diverso, molto tecnico, mobile, aperture improvvise con sventagliate da entrambi i lati anche di prima intenzione. Davvero un giocatore che può crescere tantissimo: una o due spanne rispetto alle prime prove di Morrone, tanto per porre un banale termine di paragone.

Poi c’è Andrea Gallo: uno dei meno considerati tra i nuovi arrivi (complice anche la provenienza: il Real Agro Aversa, zoppicante campionato di D lo scorso anno). Scuola Empoli, ma troppa quarta serie alle spalle. Eppure, quello visto contro Paganese e Potenza oggi sembra un altro insostituibile. Visione e “cazzimma”, interdizione e ripartenza. Palloni sempre rapidi, mai dati a caso. E quanto corre, l’avete visto? Con quelle gambe tozze e muscolose sembra un Jack Russell inarrestabile, se va in progressione non lo fermi più ed è dappertutto.

Ma non finisce qui: il giuliano Marco Ballarini (in campo negli ultimi 11′ domenica dopo i 75′ complessivi giocati nelle precedenti due gare ufficiali) potenzialmente può essere un’altra sorpresona. A vederlo, da’ l’idea di saper individuare linee di passaggio che altri non colgono. Ma deve imparare anche lui a non fare troppi tocchi. La personalità infatti è quella di chi sembra avere buona consapevolezza delle proprie potenzialità, ma guai a specchiarsi addosso nel gioco del Maestro: è un altro che ha l’occasione per crescere immensamente, se capisce dove si trova e con chi, e se ha l’umiltà di imparare e cambiare mentalità.

E non è finita: chi ha visto Rizzo Pinna è pronto a scommettere su un ragazzo finora tormentato da qualche problema fisico di troppo, proprio all’inizio della sua carriera.

E Davide Petermann? Lo abbiamo lasciato in coda, ma non per caso. Convincente in Coppa, pur nelle more di una partita che fa poco testo; sofferente a Viterbo, sulla feroce “caccia all’uomo” del Monterosi, squadra molto brava, fino a che ha birra in corpo, a “sporcare” le azioni avversarie (un po’ come il Foggia dell’ultimo biennio “cordiano”). Qualche giudizio troppo affrettato, a mio parere, non aveva tenuto in debito conto né il tema tattico della prima di campionato, né il periodo dell’anno (calcio d’Agosto o quasi), con la preparazione zemaniana che appesantisce oltremodo gambe e lucidità d’inizio stagione. Ma Petermann a me aveva invece convinto per la personalità: sempre pronto a proporsi ad ogni inizio azione, reattivo nel tamponare e ripartire, giocata pronta uno-due tocchi. Zeman lo lascia in panchina, dando fiducia al baby di Putignano. Poi lo mette in campo: pochi minuti, ed ecco il gol da cineteca. Questa è stoffa, senza grinze. Nel mondo di Zeman, è un giocatore che ci sta alla grande.

Con una simile concorrenza diventa difficile immaginare posto per il confermato Garofalo, polmoni senz’altro adattissimi ma piedi forse troppo ruvidi per il gioco rapido del Maestro. Senza contare l’ultimo convenuto che si sta aggiungendo a tavola: Oliver Kragl. A proposito: dove lo mettiamo?

Giancarlo Pugliese

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